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							L'IMMAGINAZIONE E LE DONNE 
							
							Spero di non tradire 
							alcun segreto professionale se vi dico che il più 
							grande desiderio di un romanziere è di rimanere il 
							più possibile in uno stato di non-consapevolezza. I1 
							romanziere deve indursi uno stato di perpetuo 
							letargo. Ha bisogno che la vita proceda con la 
							massima tranquillità e regolarità. Ha bisogno di 
							vedere sempre le stesse facce, di leggere sempre gli 
							stessi libri, di fare sempre le stesse cose giorno 
							dopo giorno, mese dopo mese, mentre scrive, in modo 
							che nulla spezzi l'illusione in cui vive: in modo 
							che nulla turbi o interrompa le misteriose 
							esplorazioni e perlustrazioni, i guizzi, gli scatti 
							e le improvvise scoperte di quello spirito cosi 
							timido e elusivo che è l'immaginazione creativa. Ho 
							idea che questo stato mentale sia uguale per gli 
							uomini come per le donne. Comunque sia, vorrei che 
							vi immaginaste una ragazza seduta con in mano una 
							penna che per minuti, per ore anzi, non viene 
							intinta nel calamaio. L'immagine che mi viene in 
							mente quando penso a questa ragazza è l'immagine di 
							un pescatore che giace immerso nei sogni sulla riva 
							di un lago profondo con la lenza protesa sull'acqua. 
							La ragazza dunque lasciava scorrere incontrollata 
							l'immaginazione dietro ogni roccia, dentro ogni 
							fessura del mondo che giace sommerso nelle 
							profondità del nostro essere inconscio. Ed ecco 
							l'esperienza, l'esperienza che credo sia molto più 
							comune tra le donne che scrivono che non tra gli 
							uomini. La lenza le scorreva veloce tra le dita. 
							L'immaginazione aveva preso slancio. Aveva toccato 
							le pozze, le profondità, i luoghi oscuri dove stanno 
							assopiti i pesci più grossi. A quel punto ci fu uno 
							sconquasso. Ci fu un'esplosione. Schiuma e 
							confusione ovunque. L'immaginazione era andata a 
							cozzare contro qualcosa di duro. La ragazza fu 
							strappata a1 suo sogno. Era anzi precipitata in uno 
							stato di angoscia acuta e dolorosa. Fuori di 
							metafora, aveva pensato a qualcosa, qualcosa che 
							riguardava il corpo, che riguardava le passioni, che 
							era sconveniente per lei come donna esprimere. Gli 
							uomini, le diceva la ragione, ne sarebbero 
							scandalizzati. La consapevolezza di quello che gli 
							uomini direbbero di una donna che dice la verità 
							circa le proprie passioni l'aveva risvegliata dal 
							suo stato creativo di non-consapevolezza. Non 
							riusciva più a scrivere. Lo stato di trance era 
							finito. L'immaginazione non funzionava più. È 
							un'esperienza molto comune, io credo, per una 
							scrittrice; trovarsi impedita dall'estrema 
							convenzionalità dell'altro sesso. Perché anche se 
							gli uomini chiaramente si concedono grande libertà 
							in queste cose, dubito che si rendano conto o siano 
							in grado di controllare l'incredibile severità con 
							la quale condannano la stessa libertà nelle donne.
							 
							
							Virginia Woolf 
							
							  
								
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									Mrs 
									Dalloway 
									
									Un unico dono 
									aveva, quello di conoscere le persone quasi 
									per istinto, ella pensava, riprendendo il 
									cammino... Ella sentiva ciò che le mancava.
									 
									Non era la bellezza; e neppure 
									l'intelligenza. Era un che di centrale, di 
									traboccante; un calore che ribolliva alla 
									superficie, e riscaldava il freddo contatto 
									da uomo a donna, o da donna a donna. In 
									quanto a questo, ella lo percepiva 
									vagamente. Se ne risentiva, provava un certo 
									scrupolo, nato chissà come, o piuttosto 
									ispirato dalla Natura (che è invariabilmente 
									saggia); eppure a volte ella non era capace 
									di resistere al fascino di una donna, non 
									una ragazza, ma una donna, che le 
									confessasse, come assai spesso le accadeva, 
									qualche peccatuccio, qualche follia. Fosse 
									per pietà, o per la loro bellezza, o il 
									fatto che lei era più anziana, o, per un 
									caso fortuito, un profumo lieve, o l'eco 
									d'un violino dalla casa vicina (tanto 
									singolare è a momenti la potenza dei suoni), 
									indubbiamente ella provava ciò che dovevano 
									provare gli uomini. Non era che un attimo; 
									ma già bastava. Era un'improvvisa 
									rivelazione, un'impressione, come il rossore 
									che si vorrebbe reprimere e al quale, poiché 
									si diffonde, si finisce per cedere; e allora 
									ci si precipita all'estremo limite 
									dell'abisso, e là rabbrividendo si sente il 
									mondo avvicinarsi, denso di qualche 
									straordinaria rivelazione, incalzante, fino 
									a rompere la crosta sottile e a traboccare e 
									a rovesciarsi con grande esuberanza, sulle 
									crepe e sulle piaghe. Allora, in quei 
									momenti, ella aveva visto una luce; una 
									fiammella ardente in un croco; un intimo 
									significato quasi espresso. Ma già ciò che 
									era vicino si ritraeva; e mentre ogni 
									durezza si ammorbidiva, il momento era 
									passato.  | 
								 
							 
							
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