...Narciso gli disse: “Sono così contento che tu sia ritornato! Mi sei mancato tanto, ho pensato a te ogni giorno e spesso avevo paura che tu non volessi ritornare più”. Boccadoro scosse la testa: “Via la perdita non sarebbe stata grande”.

Narciso, a cui bruciava il cuore di dolore e di affetto, si chinò lentamente verso di lui e fece quello che in tanti anni della loro amicizia non aveva mai fatto, sfiorò con le sue labbra i capelli e la fronte di Boccadoro. Questi s’accorse di ciò che accadeva, prima con stupore, poi con commozione.

“Boccadoro”, gli sussurrò l’amico all’orecchio, “perdonami di non avertelo saputo dire prima. Avrei dovuto dirtelo allora, quando venni a cercarti nella tua prigione, nella residenza del vescovo, o quando vidi le tue prime figure, o qualche altra volta. Lascia che te lo dica oggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei stato importante per me, come hai arricchito la mia vita. Per te non avrà molta importanza. Tu sei abituato all’amore, esso non è nulla di strano per te, sei stato amato e viziato da tante donne. Per me è un’altra cosa. La mia vita è stata povera d’amore, mi è mancato il meglio…….Se tuttavia so che cos’è l’amore, è per merito tuo. Te ho potuto amare, te solo fra gli uomini. Tu non puoi misurare ciò che significhi. Significa la sorgente in un deserto, l’albero fiorito in un terreno selvaggio. A te solo debbo che il mio cuore non sia inaridito, che sia rimasto in me un punto accessibile alla grazia”.

da  "Narciso e Boccadoro"  (Hermann  Hesse)

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