Tutti dovrebbero ricordarsi che si muore
 
 
Con un titolo così, adesso lo so, i maschietti si staranno toccando gli attributi e le femminucce saranno lì a cercare un pezzo di ferro a cui appigliare un bel paio di corna.

Ma è vero.

Pensateci.

Io ci penso spesso, sapete. Perché io un giorno ho pensato che sarei morta. Non tra 50 anni, non in un tempo indefinito ma nel giro di breve. Tornavo col treno dall’altra città dove il dottore mi aveva appena visitata, sapendo che avevo una malattia da indagare che si stava mangiando la mia pelle e i miei bronchi.

Senza sapere a che livello fosse questa malattia. Con l’unica certezza che dovevo andare in ospedale e farmi una biopsia e un’altra montagna di esami.

Io in quel treno, dentro le viscere della terra, perché me lo ricordo, passavo dentro a un tunnel degli appennini, ho pensato che sarei morta presto.

Chissà se vedrò mia figlia compiere due anni. Ho pensato.

Chissà se potrò ancora dimagrire per la 300ma volta, nuotare in piscina e al mare, vedere Lisbona che porca vacca non l’ho mai vista e resta comunque la mia città del cuore per via di Tabucchi.

Chissà.

Ho pensato.

Mi è venuta una gran paura. Ho sentito le chiappe farsi strette e il cuore, il mio cuore, che era come su un ascensore a cui a un tratto si rompevano i tiranti.

Giù. Booom

Il mio cuore ha fatto un salto, dentro al mio petto, dentro a un treno, dentro le viscere della terra, in quel tunnel.

Muoio. Il mio tempo è finito. Ho pensato.

Poi questo pensiero – che è durato il tempo di un orgasmo – ha lasciato il posto a un altro pensiero.

Ecco io quello che ho visualizzato subito dopo non lo dimenticherò mai. E’ un promemoria. Di quelli che vanno tenuti appesi nella testa con la calamita, come sul frigo.

Lì, secondo me, io mi sono partorita per la seconda volta. Una volta ti partorisce la mamma ma poi c’è il secondo parto, che è quello che non ti dimentichi, che non sei mica più una bestiolina e lo fai tutto da solo. Devi rompere con i denti il cordone ombelicale.

Senti le ossa spaccarsi per fare uscire il te stesso in forma di feto. Senti le budella spostarsi, modellarsi per fare posto al tuo io che deve uscire. Spingi, spingi, piangi, urli, spingi, sudi, credi di morire e poi.

Ti partorisci.

E inizia una nuova vita. Sei una cosa nuova. Hai pensieri giovani e la mente più lucida e consapevole. E’ una sofferenza grande. Ma se non vogliamo rimanere dei bambocci, tutti quanti ci dobbiamo passare.

Ecco io mi sono partorita in treno. Nel pensiero successivo a quello della morte.

Quando ho visualizzato Tino e la frollina e ho saputo – con una certezza che poche altre volte ho avuto nella vita – che l’unica cosa che volevo era essere felice nel tempo che avevo. Tendere al meglio per me e per la mia famiglia e anche per gli altri,  se posso.

Fare in modo che il presente sia la costruzione del futuro. Senza ansia per quello che ci sarà domani e mettendo da parte lo ieri.

Ecco. Non so mica spiegarlo a parole. Non ci riesco bene perché il cuore era fermo in un punto, lo sguardo era fermo in un punto e io ero ferma in un punto.

Il punto perfetto del mio parto.

Secondo me tutti, prima o poi, dovrebbero ricordarsi che si muore.

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Mamma precaria dentro ma anche fuori

 
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